Antonio Giuriolo
Note storiche
E’ il 12 dicembre del 1944 quando il capitano Toni, Medaglia d’oro al Valor Militare della Resistenza, viene ucciso in uno scontro a fuoco con i tedeschi sulle montagne dell’Appennino emiliano.
Nato sul colle di san Pietro a Castello di Arzignano, Antonio Giuriolo si laurea in Lettere all’Università di Padova, dove conosce Norberto Bobbio e la schiera dei “Piccoli Maestri”, idealmente descritti da Luigi Meneghello e poi riproposti sullo schermo cinematografico nell’omonimo film di Daniele Lucchetti. Fiero oppositore del regime fascista, nel 1943 Antonio Giuriolo inizia il suo impegno di partigiano sulle Alpi Orientali, tra Caporetto, San Qualz e Nimis.
A Belluno organizza la brigata “Giustizia e libertà” ma, scampato a un rastrellamento nemico, ripara sull’Altopiano di Asiago e poi sull’Appennino, dove guida la “Brigata Matteotti”. Qui trova la morte il 12 dicembre del 1944. Al capitano Toni è oggi dedicata la Scuola Media Statale di Arzignano. Il 14 ottobre del 2001 il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi ha reso omaggio al cippo, in localita Corona nel comune di Lizzanon in Belvedere (BO), che ne perpetua la memoria.
Motivazione della Medaglia d’oro
GIURIOLO Antonio
Capitano di cpl. degli Alpini Partigiano combattente
luogo di nascita: Arzignano (VI)
Data del conferimento: 1944
alla memoria
Motivo del conferimento
Tra i primi ad impugnare le armi contro i nazifascisti con i pochi partigiani della montagna e, successivamente, organizzando vari reparti combattenti, partecipava ad epiche azioni di guerriglia e sabotaggio, distinguendosi per indomito valore e competenza. Nominato comandante di distaccamento e poi di brigata partigiana, guidava il reparto in valorosi combattimenti infliggendo al nemico gravissime perdite e catturando prigionieri e ingente bottino di guerra. Alla testa dei suoi uomini contribuiva validamente alla liberazione di largo territorio dell’alta Toscana, rifulgendo per tanto eroismo e capacità di comando, che gli alleati vollero il suo reparto affiancato alle loro forze di avanguardia, con le quali conquistava arditamente il caposaldo di Monte Belvedere. Durante il combattimento per l’occupazione della piazzaforte di Corona, teneva da solo testa ad un contrattacco nemico nel nobile intento di proteggere il trasporto di feriti. Colpito a morte chiudeva nel bacio della gloria la sua ammirevole vita. Esempio luminoso di eccezionale ardimento e di generoso altruismo. Corona (Lizzano in Belvedere),12 dicembre 1944
INTERVENTO
PRONUNCIATO A BRACCIO
DAL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA
IN ONORE DELLA MEDAGLIA D’ORO
AL VALOR MILITARE ANTONIO GIURIOLO
Lizzano in Belvedere, 14 ottobre 2001
Non era previsto che prendessi la parola, ma in una giornata come questa – con questo magnifico cielo, in mezzo a queste montagne, che anche a me pur nato sulla costa, sono familiari – di fronte a questo cippo sento di non potere andar via senza rivolgervi il mio saluto.
In una giornata che, come già è stato detto, è una giornata di rievocazione del passato, ma non fine a se stessa, per cercare di operare bene nel presente, guardando innanzi a noi, guardando al futuro.
Questo cippo è dedicato ad Antonio Giuriolo, nato ad Arzignano, classe 1912, uomo di lettere che diventa uomo d’arme. Perché diventa uomo d’arme? Diventa uomo d’arme perché vi è in lui, come accadde a tanti, a molti italiani, una rivolta nella propria coscienza; una rivolta morale dopo quella giornata orribile che fu l’8 settembre del 1943.
Ciascuno di noi, militari – e Antonio Giuriolo era ufficiale degli Alpini – s’interrogò sul da farsi; e la risposta la trovò, ripeto, nella propria coscienza. Fu una risposta di dignità personale e nazionale che ci vide, all’inizio, silenziosamente accomunati. Certo la sua rivolta morale fu decisa e forte, anche perché ebbe la fortuna di avere avuto nei suoi studi all’Università di Padova, così come accadde in tante altre Università italiane, una grande scuola; una scuola di uomini liberi.
Egli era diventato un uomo che credeva nella religione della libertà. E fu questo che permise a lui di fare quella scelta. Ma quella scelta, ripeto, si consumò contemporaneamente nell’animo della maggior parte degli italiani; e da questa rivolta morale nasce la Resistenza. Perché la Resistenza ebbe tante forme, tante manifestazioni diverse; dipese oltre che dal sentimento di ciascuno di noi, dalle circostanze in cui ciascuno di noi si trovò ad operare.
E certo fu Resistenza la risposta armata di tanti nostri commilitoni, che reagirono con le armi a Cefalonia, in Corsica, in tante isole del Mediterraneo, a Piombino, a Napoli; che dettero luogo a una reazione forte anche se, nella maggior parte dei casi, sfortunata.
Fu Resistenza ugualmente la scelta di tanti prigionieri dei campi di concentramento, che preferirono il rigore di quei campi all’accettazione di forme di collaborazione con chi condivideva valori diversi – perché allora, come ha detto Enzo Biagi, fu una scelta di campo, fu dovuta a una scelta di valori – e quindi preferirono i rigori dei campi di concentramento, per numerosi anni, alla collaborazione.
Fu Resistenza l’aiuto che tanta parte della popolazione italiana dette nelle montagne, nei villaggi, nelle città a chiunque fosse fuggiasco in cerca della libertà. Certo di quella Resistenza la punta più avanzata fu rappresentata da coloro che presero le armi, che dettero luogo alle formazioni partigiane, che combatterono in queste montagne, come in tante altre parti del nostro Paese per la liberazione dell’Italia.
E appunto siamo qui a ricordare uno dei più eroici comandanti di quelle formazioni: Antonio Giuriolo, “Capitan Toni”. Egli è morto qui a Monte Belvedere il 12 dicembre 1944, compiendo un atto di eroismo nel tentativo di sottrarre alla morte o alla cattura alcuni uomini della sua formazione. Giustamente gli è stata conferita la Medaglia d’oro al Valor Militare, ma credo che ancor più di questa altissima onorificenza, sia importante il fatto che coloro che erano con lui, da quel giorno, ogni 12 dicembre sono venuti in questi luoghi per ricordarlo.
Con lui ricordiamo qui anche tutti coloro che caddero, sia quelli della stessa Brigata “Matteotti”, comandata da “Capitan Toni”, sia delle tante altre brigate che combatterono su queste montagne e in tante altre parti d’Italia.
Nel rendere loro onore noi non manteniamo solamente un doveroso impegno che abbiamo, ma compiamo un dovere e un obbligo che abbiamo nei loro confronti: e mantenere la memoria di quelle vicende non è solo un fatto di nostalgia.
Come ho detto all’inizio è un fatto che ci deve servire a operare bene nel presente guardando al futuro, ma avendo in mente che quegli ideali, per i quali qui questi uomini morirono, erano gli ideali per i quali si era avuto il Risorgimento italiano, in una continuità della nostra storia, che dobbiamo sempre più sentire dentro di noi. Perché solamente così i nostri comportamenti saranno coerenti con noi stessi, con la storia del nostro popolo, nell’interesse dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Ricordo sempre che alla sommità del monumento del Vittoriano, che celebra la memoria del nostro Risorgimento e dell’Italia unita, vi sono le due scritte: “Alla libertà dei cittadini, all’unità della Patria”. Ecco libertà, giustizia, unità.
Abbiamo sempre presente, nel nostro operare quotidiano, l’importanza del valore dell’unità dell’Italia. Questa unità che sentiamo essenziale per noi, quell’unità che, in fondo oggi, a mezzo secolo di distanza, dobbiamo pur dirlo, era il sentimento che animò molti dei giovani che allora fecero scelte diverse; che le fecero credendo di servire ugualmente l’onore della propria Patria.
Questa unità preserviamola e in ogni nostra azione essa sia il punto e il riferimento insieme con la difesa dei valori di democrazia, di libertà e di pace.
Con questi sentimenti sono qui con voi, con tutti i compagni di “Capitan Toni” per rendere omaggio alla sua figura.
Ricordiamolo: uomo di lettere che diventa uomo d’arme. Lo diventa per servire la Patria. Grazie.